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ARGOMENTI

Cassazione penale: sentenze ottobre 2019


Cassazione Penale, Sez. 4, 02 ottobre 2019, n. 40276 - Lavoratrice investita da un rullo compressore. Nomina di un preposto e delega di funzione

Fatto:
Durante i lavori di posa del manto stradale, F.E., lavoratore dipendente, veniva investito da un compressore stradale che procedeva in retromarcia.
È accusato di omicidio colposo A.N. in qualità di presidente del CdA dell’impresa per la quale il malcapitato lavorava e proprietario del mezzo coinvolto.  

La Corte di Appello proscioglie A.N. dalle accuse ritenendo responsabile del fatto R.M., preposto con delega di funzioni in materia di sicurezza.

Ricorre per Cassazione il Procuratore generale sostenendo l’invalidità della delega di funzioni, in quanto carente dei requisiti di forma. Essendo la delega sprovvista di data certa e attribuzione di autonomia di spesa al delegato, il Procuratore ritiene si tratti di una semplice nomina a preposto. Inoltre, tra i compiti del datore di lavoro vi è l’organizzazione gestionale dei lavori da svolgere e questo incarico non può essere affidato al preposto.

Per pronunciarsi sull’assoluzione dell’imputato, la Corte si era basata sul fatto che quest’ultimo non aveva compito alcuna azione contraria alle norme in materia di sicurezza né si era rifiutato di fornire strumenti necessari per lo svolgimento dei lavori né aveva dato espliciti ordini illegittimi. Il Procuratore obietta che gli obblighi del datore di lavoro in materia di sicurezza non riguardano solo il mero astenersi da azioni che violano le prescrizioni normative. Ha l’obbligo di sovraintendere e supervisionare sulla correttezza ed efficacia della messa in atto delle norme antinfortunistiche. Infine, secondo il Procuratore, la Corte era stata superficiale accertando che il macchinario era conforme ai parametri di sicurezza al momento del suo acquisto, senza accertare che, oltre all’iniziale conformità, fossero state eseguite le regolari manutenzioni previste per legge.

Commento:
Il ricorso è accolto.

La Corte di Cassazione conferma la responsabilità in capo al datore di lavoro, figura non sufficientemente considerata dalla Corte di Appello. A.N. è responsabile e garante in materia di sicurezza proprio per il suo ruolo di presidente del consiglio di amministrazione della società. “Nelle società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione”.

La Corte ha accertato che l’imputato non aveva adempiuto ai suoi obblighi di controllo e vigilanza sulle attività che erano state delegate al preposto. A quest’ultimo era stata affidata la segregazione delle aree interessate dai lavori e la messa in sicurezza della viabilità delle persone e dei veicoli. Tramite delega, il datore di lavoro aveva attribuito al delegato anche il compito di mettere a disposizione dei lavoratori mezzi conformi ai requisiti di sicurezza e di “adottare le misure necessarie affinchè le attrezzature siano oggetto di idonea manutenzione”.

La legge prevede che i compiti in materia di prevenzione e sicurezza gravanti sul datore di lavoro possono essere trasferiti, con apposita delega, ad un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza, dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa. Il delegato diviene titolare della posizione di garanzia in materia di sicurezza congiuntamente alle altre figure e non in via sostitutiva. Dunque, la responsabilità del datore di lavoro per la sicurezza dei lavoratori non viene meno con l’attribuzione della delega alla figura prescelta. A nulla rileva che la nel caso in esame le carenze formali della delega e il mancato trasferimento dei poteri al delegato rendono la nomina del preposto inidonea e non valida. Il coinvolgimento di A.N. sarebbe stato accertato anche se la delega fosse stata efficacia, proprio perché la sua posizione di garanzia in materia di salute e sicurezza non è delegabile.

Per tutte queste ragioni la Corte di Cassazione annulla la sentenza emessa dalla Corte di Appello e rinvia per un nuovo giudizio.

Cassazione Penale, Sez. 4, 08 ottobre 2019, n. 41217 - Crollo di una gru a bandiera sul lavoratore. Mancato collaudo, DVR, presidi e formazione

Fatto:
Z.X., legale rappresentante dell’azienda E., è stato ritenuto colpevole per la morte di Y.H., suo dipendente, a seguito di una caduta dall’alto. A lui sono state ascritte numerose carenze in materia antinfortunistica:

 - la mancata della valutazione dei rischi sulla corretta lavorazione della gru a bandiera;

- mancata comunicazione della messa in opera della gru e del collaudo di prima installazione;

- mancanza dei necessari requisiti di sicurezza della gru;

- la movimentazione di elementi di peso superiori alla portata massima della gru;

- la mancata nomina del medico competente;

- l’omessa formazione del dipendente;

-l’inosservanza delle specifiche indicazioni della ditta costruttrice per l’installazione della gru.

La Corte territoriale ha ritenuto Z.X. responsabile in qualità di datore di lavoro per aver messo a disposizione dei propri dipendenti un macchinario intrinsecamente pericoloso. Infatti, la gru non era saldamente ancorata al terreno e ciò, unito al superamento della portata massima, aveva causato il ribaltamento della gru che cadendo aveva colpito il lavoratore uccidendolo. Ricorre per Cassazione Z.X., sostenendo che i lavori per la corretta installazione della gru erano stati affidati ad un’azienda terza, e che non spettavano a lui. In qualità di datore di lavoro aveva riposto completa fiducia nei montatori, immaginando che, trattandosi di una ditta specializzata, i lavori fossero stati eseguiti a regola d'arte. Inoltre, non può essere a lui imputato l’aver messo a disposizione un macchinario privo delle idonee misure di sicurezza, in quanto era stato il lavoratore che, autonomamente e senza averne il permesso, aveva deciso di utilizzare la gru nonostante non fosse ancora stato eseguito il collaudo.

Commento:
La Corte rigetta il ricorso in quanto non è plausibile che il lavoratore abbia autonomamente deciso di utilizzare la gru senza che l’imputato ne fosse a conoscenza. Al contrario da testimonianze è emerso che, essendo il macchinario in allestimento e non del tutto installato, era stato proprio Z.X. a mettere direttamente in funzione la gru senza curarsi del mancato collaudo.

I legali rappresentanti della ditta addetta all’installazione e al collaudo avevano riferito che i lavori di montaggio della gru erano stati sospesi e che l’allaccio alla corrente dovevano essere completato in concomitanza al collaudo dall’impresa a cui erano stati assegnati i lavori. Ciò non era però avvenuto in quanto Z.X. non aveva preso contatto con i montatori, ma aveva arbitrariamente deciso di mettere in funzione la gru senza averne prima verificato il rispetto dei parametri di sicurezza.
Inoltre, il DVR era carente in molti punti, tra i quali l’analisi dei rischi connessi alla lavorazione con il macchinario e lo stesso lavoratore coinvolto nell’incidente non era stato adeguatamente formato.

Per tali motivi il ricorso è inammissibile.

Cassazione Penale, Sez. 4, 30 ottobre 2019, n. 44168 – Infortunio. Non si può parlare di vizio occulto se manca un sistema di blocco automatico all'apertura del carter

Fatto:

In un pastificio industriale C.T., lavoratore dipendente addetto ad una macchina per l’estrusione dell’impasto, tentava di pulire il macchinario da un grumo rimuovendo il carter di protezione e inserendo il braccio nelle parti meccaniche senza arrestare il macchinario, restando gravemente ferito alla mano.

E’ stato ritenuto responsabile del fatto R.B. in qualità di datore di lavoro, per aver causato lesioni colpose gravi in violazione della disciplina antinfortunistica. Dalla ricostruzione è emerso che il macchinario, nonostante fosse marcato CE , era privo di sistemi di protezione adeguati e meccanismi di interblocco, tanto che rimuovendo il carter il macchinario non si arrestava autonomamente.  Al datore di lavoro sono contestate:

-        l’assenza del pulsante per l’arresto d’emergenza e il blocco dell'impianto

-        l'assenza di cartelli o pittogrammi per indicare gli organi in movimento

-        la possibilità di venire a contatto con parti meccaniche mobili in movimento anche a carter chiuso

-        la carenza di formazione e informazione dei lavoratori sui rischi specifici

Ricorre per Cassazione R.B. sostenendo che si era affidato totalmente in buona fede alla validità della marcatura CE apposta sul macchinario e che, non essendoci vizi palesi, non aveva avuto alcun motivo di ritenere che il macchinario non fosse conforme alla normativa in tema di sicurezza sul lavoro. Il ricorrente, inoltre, contesta la mancanza del pulsante di blocco di emergenza che, al contrario di quanto affermato dalla Corte di Appello, si trovava a pochi metri dall’operatore ed era facilmente raggiungibile ed accessibile in caso di necessità. Secondo R.B. il fatto è da ricondurre solamente alla condotta abnorme ed esorbitante del lavoratore. Quest’ultimo, infatti, aveva ammesso di aver preso parte ai corsi di formazione e di esser stato affiancato un collega più anziano nei primi periodi lavorativi. Il datore di lavoro ha sottolineato che tutti i lavoratori erano a conoscenza del divieto di intervenire sui macchinari senza la sua precisa autorizzazione e, in ogni caso, senza averne spento il funzionamento. Per tali motivi il ricorrente ritiene di non essere responsabile dell’incidente e richiama una sentenza di qualche anno prima, ove la Corte aveva dichiarato che: «In tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro che, dopo avere effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività, ha fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore. » (Corte Cassaz. Sez. 4, n. 8883 del 10/02/2016)

Commento:

La Corte rigetta il ricorso sostenendo che, nonostante il macchinario fosse regolarmente marcato, ciò non è sufficiente ad esonerare il datore di lavoro per l’accaduto.
Essendo quest’ultimo responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro è tenuto ad accertare che vi sia corrispondenza tra i requisiti di legge e i macchinari messi a disposizione dei lavoratori.
Se è pur vero che in caso di vizio occulto tale responsabilità viene meno, è altrettanto chiaro per la Corte che il vizio era palese, poiché il carter di protezione non era bloccato ed era possibile a chiunque rimuoverlo, senza che da ciò ne derivasse il blocco degli ingranaggi meccanici pericolosi.
“La presenza sul macchinario della marchiatura di conformità "CE" o l'affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore non esonerano il datore di lavoro dalla sua responsabilità».
Infine, la Corte rigetta la possibilità che vi sia stata una condotta abnorme da parte del lavoratore, poiché quest’ultimo era astato adibito ad una mansione che non era quella per la quale era stato assunto e di cui non conosceva i rischi specifici. L’infortunato, che sostituiva un collega nella conduzione della macchina non poteva dirsi un esperto o pienamente formato.

Per tali motivi la Corte rigetta il ricorso e conferma la condanna per il ricorrente.

 

Cassazione Penale, Sez. 4, 28 ottobre 2019, n. 43652 - Infortunio dell'addetto alla manutenzione elettrica. Causalità della colpa

Fatto:

M.M., legale rappresentante della A. spa era stato ritenuto responsabile per lesioni personali colpose derivanti dalla violazione di norme antinfortunistiche in danno al dipendente R.M., rimasto gravemente ferito ed ustionato.

Al datore di lavoro erano stati contestati i reati di:

- mancata valutazione del rischio elettrico;

- mancata formazione degli operatori addetti ai lavori su impianti elettrici;

- condotta imprudente e negligente  

Ricorre per Cassazione M.M.  

Commento:

La Corte accoglie il ricorso nella parte in cui si rimprovera la Corte di Appello di non aver motivato se vi è o meno un nesso eziologico.  Ovvero, il datore di lavoro è titolare di una posizione di garanzia in materia di salute e sicurezza verso i suoi dipendenti, ma ciò non comporta un automatico addebito di responsabilità in caso di incidente.  Vi sono alcune caratteristiche che devono sussistere perché si possa parlare di responsabilità:

-la violazione di una regola cautelare  

-l’evento dannoso deve essere prevedibile ed evitabile rispettando la norma cautelare violata (c.d. concretizzazione del rischio)

- il nesso causale tra la violazione e l'evento dannoso

Dunque, la Corte di Appello avrebbe dovuto individuare la norma cautelare violata dal datore di lavoro e verificare che l’evento dannoso fosse prevedibile e scongiurabile se l’imputato l’avesse invece rispettato. Qualora, infatti la condotta appropriata (il c.d. comportamento alternativo lecito) non avrebbe comunque evitato l'evento non è possibile attribuire alcuna responsabilità al datore di lavoro.

Poiché la Corte di Appello non ha risposto se il rispetto normativa antinfortunistica da parte del datore di lavoro avrebbe scongiurato il verificarsi dell'evento lesivo, nonostante l’imprudente comportamento dell’infortunato, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rinvia per nuovo giudizio.