Materie prime: come sta reagendo la manifattura varesina?

“Il 58% delle imprese del Varesotto denuncia non solo incrementi nei prezzi delle commodity ma anche scarsità di reperimento sia delle materie prime sia dei semilavorati e dei componenti. Soprattutto elettronici”. Queste le parole di Roberto Grassi, Presidente dell’Unione degli Industriali, intervenuto durante il webinar dal titolo “Materie prime, una tempesta perfetta?” a cui hanno partecipato anche alcuni esponenti politici locali e associazioni imprenditoriali del territorio. Obiettivo dell’incontro: fare il punto sulle gravi difficoltà nell’approvvigionamento delle materie prime, un problema che rischia di ostacolare la ripresa economica varesina. Ma non solo. Le preoccupazioni del Presidente Grassi sono rivolte anche al trasporto delle merci, “specialmente per le imprese di Varese che esportano il 40% di ciò che producono”.
“È come se la pandemia avesse spento il motore di una macchina che, alla ripartenza, si è rilevato ingolfato – afferma Grassi -. Le catene internazionali del valore sono in subbuglio e in fase di ricomposizione”. L’esempio preso in considerazione dall’analisi dell’Ufficio Studi di Univa riguarda la situazione dei noli marittimi che colpisce anche le imprese varesine. “L’aumento dei prezzi per il trasporto delle merci è stato molto forte: passando da un +30% ad un +700%” spiega Grassi. Ma il risultato dell’indagine mette in luce altri due aspetti in merito a questo problema: “La scarsa disponibilità di container vuoti e l’aleatorietà dei tempi di spedizione con variazioni e riprogrammazioni continue. Un vero e proprio danno per una supply chain che ormai lavora sul just in time”. Per le aziende di una provincia come quella varesina con un’importante predisposizione all’export, “il rischio non è solo la tenuta competitiva dei prodotti, ma anche quello di vedersi sostituite sui mercati extra-Ue dall’offerta di prossimità dei nostri competitor”. Secondo il Presidente Grassi, in questa fase di ricomposizione delle catene globali del valore, “il rischio è quello di perdere posizioni e di trovarci tagliati fuori. Dobbiamo intervenire subito”. Sono due le possibili vie presentate durante il webinar. La prima: “Bloccare l’oligopolio dei consorzi dei corrieri marittimi che poggia le basi sulla possibilità, prorogata dalla Ue in piena pandemia fino al 2024, di fare eccezione alla normativa europea antitrust – sostiene Grassi -. Una volta tale eccezione era giustificata dall’obiettivo di aumentare gli scambi globali, ora invece ne è il principale ostacolo”. La seconda: “Almeno per questo momento eccezionale di scarsità, per l’acciaio bisogna ripensare il sistema delle quote all’import a salvaguardia della produzione europea. Il sistema è saltato, le quote sono ormai sature e, di fronte alle difficoltà produttive nazionali (vedi Ilva), le imprese rimangono affamate di materia prima e semilavorati. Anche in questo caso il tema è l’elasticità”.
Sul fronte dell’approvvigionamento e dei rincari delle materie prime queste preoccupazioni stanno colpendo anche due settori particolarmente presenti sul territorio: quello della plastica e quello del tessile. “Per la plastica il problema più grande è quello della scarsità. Le imprese del settore, infatti, riescono a scaricare sui prodotti i maggiori costi di produzione e questo le mette al riparo dall’erosione dei margini”. Situazione diversa, invece, riguarda il settore del tessile e abbigliamento, tra i più colpiti dalla pandemia. “Per questo comparto la domanda sul mercato è ancora troppo debole per aumentare i prezzi - conclude Grassi -. In questo caso sì, invece, che l’andamento delle commodity sta mettendo in difficoltà un settore già in ginocchio”.