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Lavoro: dove va la concertazione

La riforma del welfare è il fulcro attorno al quale ruota anche la revisione del sistema contrattuale.


E ora la riforma delle pensioni e una nuova strategia per la concertazione e per i contratti.
Toccherà al Governo Berlusconi riportare nell'alveo naturale la dialettica tra le parti sociali dopo la fibrillazione degli ultimi mesi dovuta a una politicizzazione esasperata voluta dagli stessi protagonisti del confronto (anche se per motivi diversi).
Lo stesso Berlusconi non ha mai fatto mistero di voler attuare una nuova strategia dell'attenzione verso la riottosa Cgil di Sergio Cofferati ("Si concerta, si tratta, poi però il Governo si assume le sue responsabilità", ha detto il Cavaliere).
È arrivato il momento dei fatti. Vedremo.
La riforma dello Stato sociale è inevitabile ed è il fulcro attorno al quale ruota anche la revisione del sistema contrattuale, quindi una soluzione credibile per la questione salariale, e la liberalizzazione del mercato del lavoro ancora in attesa di ridurre il sistema di rigidità normative.
Nei programmi elettorali dei due poli c'era, anche se sfumata, la volontà di porre mano alle pensioni di anzianità facendole uscire di scena attraverso un meccanismo di incentivi a restare al lavoro e non con soluzioni "punitive".
E poi, obiettivo ancor più velato nelle enunciazioni formali dei due poli: la volontà di rivedere il sistema delle aliquote della parte pubblica della previdenza. In Italia l'aliquota di equilibrio è del 32,7%, ciò amplia in modo smisurato il cuneo parafiscale che porta gli oneri indiretti per il sistema delle imprese attorno al 43 per cento.

I tedeschi hanno riformato le pensioni seguendo la via strategica della riforma Dini, ma hanno potuto fare ciò che da noi il sindacato non ha mai concesso: bloccare il prelievo per la pensione obbligatoria poco sopra il 20%, imponendo, per questa via, l'espansione della previdenza complementare. Proprio i fondi pensione saranno una delle novità di questa legislatura e finalmente dovrebbe ricomporsi la trattativa sull'uso del Tfr.
Allargare il campo d'azione della previdenza complementare, rendere più efficiente l'impiego del capitale a rendimenti più alti porterà a un uso più razionale delle risorse e potrà anche, per questa via, liberare risorse per i salari.
Il problema in Italia resta il salario netto. Sarebbe troppo semplicistico porvi soluzione passando solo dalle quantità in gioco per gli aumenti dei contratti nazionali. L'equilibrio di un sistema economico fondato sulla politica dei redditi non può permettersi uno "strappo" che sposti verso l'alto l'entità delle cifre in gioco. Se il sistema non rispetta il
meccanismo di adeguamento "contrattato ex post" rischia di scaricare un impatto inflazionistico che potrebbe farci tornare alla spirale salari-prezzi-salari che proprio l'accordo del '93 ha spezzato in via definitiva con l'addio alla scala mobile.
Anche per questo è stata inutile la spettacolarizzazione dei rinnovi contrattuali voluta da Palazzo Chigi.
Le trattative sono aperte: alcune sono andate in porto, altre sono nella fase acuta di negoziato.
Tutto fisiologico, se non fosse che non è stata fisiologica questa estenuante campagna elettorale giocata anche sul futuro delle relazioni industriali.

La diatriba che oggi divide imprese e sindacati è sull'entità della cosiddetta inflazione importata che non avrebbe valore per il calcolo dei recuperi degli scarti tra inflazione programmata e inflazione reale. Soprattutto per i sindacati dei metalmeccanici lo scarto va recuperato tutto, mentre Federmeccanica ritiene che l'1,2% di differenza è tutto dovuto a ragioni di scambio. Lo stesso Governo che oggi finge di dimenticare l'impatto del caro petrolio e del deprezzamento dell'euro aveva nel giugno 2000 annunciato che a fronte di un'inflazione attesa per fine anno del 2,3% l'entità dell'inflazione da non considerare ai fini contrattuale era dello 0,8 per cento. A fine anno l'inflazione è stata del 2,6% e quello 0,3% in più è tutto dovuto a ragioni esterne; nel complesso l'1,2% di scarto tra inflazione reale e programmata non va considerato a fini contrattuali.
Ed è quello che dicono le imprese.

05/17/2001

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