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Il Tesoro del Santuario
Un archivio di "notevole interesse storico", una ricca quadreria e preziosi arredi sacri raccontano la storia di Saronno
Il Santuario della Beata Vergine dei Miracoli sino alla fine del XVIII° secolo era la chiesa con la maggior dotazione di arredi sacri di tutta la zona: tra vasi sacri e paramenti donati da papi, arcivescovi, principi, grandi signori e, soprattutto, popolani, possedeva un vero e proprio tesoro. Dall'inventario dei cosiddetti argenti del 1785 - opere in oro e argento - risultavano ostensori, calici, pissidi, croci, secchielli per l'acqua santa, brocche, lampade, messali ricoperti di lamine d'argento lavorate, candelabri di dimensioni varie, turiboli e navette per l'incenso, reliquiari. Quando i francesi di Napoleone imposero la consegna di tutto questo tesoro alla zecca, i saronnesi ne consegnarono 97 libbre (kg.316) riuscendo a metterne in salvo una parte in quel di Lugano. Ancora oggi, nonostante l'ingordigia napoleonica, il Santuario dispone di una dotazione che supera di gran lunga, per valore e significato, quella di tanti altri edifici religiosi: non solo perché frutto della generosità e della speciale devozione dei fedeli e del mondo ecclesiastico - a partire dai Cardinali Carlo e Federico Borromeo - verso la bella chiesa saronnese. Ma anche per la felice, complessa combinazione di artisti, benefattori, personaggi entrati in contatto con il Santuario nel corso dei secoli.
Com'è noto lavorarono qui, tra i tanti, i Procaccini, Bernardino Luini, Gaudenzio Ferrari, Pellegrino Tibaldi. Se a parlare di loro e della loro arte magistrale restano le grandi tele o le preziose opere eseguite per il Santuario, o i documenti
d'archivio, con la puntuale registrazione di quanto veniva accordato agli artisti, non va dunque dimenticato il significato storico-artistico di quell'altra ricchezza rappresentata dall'abbondanza di oggetti d'arte, libri sacri, documenti antichi, comprese alcune preziose bolle papali, nonché dall'interessante quadreria: una collezione di opere restaurate che datano dal 1500 al 1800.
A proposito di quest'ultima, circa una sessantina di tele sono esposte al pubblico dal 7 maggio, tutte insieme per la prima volta, nelle rinnovate sale del complesso architettonico del Santuario inaugurate dal Cardinal Martini che in un futuro prossimo accoglieranno anche i pezzi più interessanti del tesoro destinati a costituire un museo vero e proprio, logica conseguenza dell'Archivio storico già esistente. Troveranno collocazione nel previsto percorso museale paramenti sacri intessuti d'oro e d'argento, vasi e arredi sacri, tra cui i preziosi calici dono di San Carlo e di Pio X, pissidi e ostensori: anche l' Ostensorio a raggera, sbalzato su lastre d'argento con pietre preziose, offerto nel 1704 dai conti Vitaliano e Giovanni Biglia, feudatari di Saronno, e il calice delle donne saronnesi donato in occasione dell'anno giubilare 1900, opera finemente lavorata e cesellata, di Pietro Tavazzani, entrambi restaurati. E ancora un crocefisso in avorio di raffinata fattura, stendardi per le processioni, il primo tabernacolo, pregevole opera lignea del Mangone, due statue di Angeli intagliati da Andrea da Milano e decorati da Alberto da Lodi, il bozzetto della Pietà di Pompeo Marchesi( 1812).
Infine,oggetti curiosi quali il bacile di rame usato come scaldino in sacrestia, le medaglie e lo zucchetto del Cardinal Ferrari, custodito in una teca dell'archivio accanto ai galeri cardinalizi e a ricordi di personalità religiose, gli stemmi delle munifiche famiglie saronnesi dei secoli XVII e XVIII che lasciarono al santuario importanti legati dagli Oliva, ai Sampietro, ai Brambilla, reperti storici ritrovati durante le opere di sistemazione, capitelli raffinati e pezzi lavorati del campanile, poi sostituiti, tavole in legno per le indulgenze dei fedeli. Da non dimenticare che è parte fondamentale del tesoro menzionato anche l'Archivio, da anni funzionante e aperto agli studiosi, che è stato dichiarato "di notevole interesse storico"dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali. Il materiale raccolto è stato tutto inventariato, revisionato e catalogato: custodisce la documentazione della storia della chiesa, che è anche vero e proprio spaccato della storia di Saronno, dal 1498, data della sua fondazione, fino ai nostri giorni. I primi documenti, che risultavano necessari per dimostrare la correttezza dell'operato dei deputati eletti dal popolo e incaricati, secondo le disposizioni della Bolla di Papa Alessandro VI, di seguire i lavori, andarono purtroppo in parte perduti, perché bruciati durante la pestilenza del 1576 in casa di Batta Visconti, dove si era verificato un caso di peste. Con la riforma della gestione del Santuario, voluta da San Carlo Borromeo attraverso la promulgazione delle disposizioni Ordines et statuta (1583) ebbe inizio la sistematica conservazione dei documenti . Oggi fanno parte dell'Archivio oltre 35.000 documenti di carattere storico, giuridico e amministrativo, 412 libri contabili, libri mastri e registri vari per un totale di oltre 25.000 fogli dattiloscritti, 114 documenti pontifici e arcivescovili ad essi attinenti, 2.500 fotografie, disegni e stampe, libri di musica, messali con parte musicale, 2.000 volumi e la raccolta di 35 testate di pubblicazioni periodiche.
Tra i pezzi più preziosi alcuni splendidi antifonari e collettari miniati del XVI e XVII secolo, tabelle manoscritte e una mappa riproducente fedelmente la cartografia del territorio nel XVIII secolo con evidenziati i beni immobili di proprietà del Santuario.
05/08/2000
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